Valutazione dell’invalidità per la sindrome di Lynch

Nell’ultimo Rapporto FAVO, un capitolo approfondisce le recenti direttive Inps per riconoscimento di invalidità e handicap per le persone malate e sane portatrici

Lo scorso anno è stata approvata dalla Commissione medica superiore dell’Inps la Comunicazione tecnico scientifica per la sindrome di Lynch, che affronta la valutazione medico-legale per il riconoscimento di invalidità e handicap nelle persone portatrici di tale condizione ereditaria di predisposizione al cancro. Il tema di grande interesse è stato ripreso, in un capitolo dedicato, nel 17° Rapporto FAVO (Federazione Italiana della Associazioni di Volontariato in Oncologia) sulla condizione assistenziale del malato oncologico, per mano di Salvo Testa, presidente di Fondazione Mutagens, ed Elisabetta Iannelli, segretario generale FAVO, che hanno più volte sollecitato la normativa Inps.

Sindrome di Lynch e invalidità

La sindrome di Lynch è causata dalla presenza di varianti germinali in uno dei geni che codificano le proteine responsabili del riparo dei difetti di appaiamento del DNA (Mismatch repair), ovvero i geni MLH1, MSH2, MSH6, PMS2, e il gene EPCAM. Si stima che in Italia siano circa 215 mila i portatori e che purtroppo la maggior parte (oltre il 95%) non sia stata ancora identificata. A seconda del gene coinvolto, i portatori della sindrome hanno un rischio di sviluppare un tumore nel corso della vita che va dal 30 al 90%.

Da alcuni anni i portatori della sindrome, iscritta nel 2017 nel registro delle malattie rare, possono beneficiare dell’esenzione RBG021, che gli permette di accedere alla sorveglianza diagnostica e specialistica. Dal settembre scorso, inoltre, la Commissione medica superiore dell’Inps ha approvato la Comunicazione tecnico scientifica per la sindrome di Lynch che stabilisce percentuali di invalidità civile alle donne con sindrome di Lynch che si sottopongono a interventi chirurgici di riduzione del rischio per i tumori dell’endomentrio e dell’ovaio.

Le direttive Inps

Nella recente Comunicazione tecnico scientifica è stata stabilita una percentuale di invalidità del 40% per gli esiti chirurgici di una isteroannesiectomia bilaterale profilattica, tenendo conto che tali interventi insistono sul medesimo apparato funzionale. Tale valutazione potrà poi essere integrata con la valutazione di un eventuale disagio psichico. «È legittimo, infatti, affermare che la donna con Sindrome di Lynch sin dal momento della diagnosi sia messa psicologicamente a dura a prova; ancor più lo sarà a seguito di un intervento di chirurgia profilattica» si legge nel documento.

La valutazione degli esiti psichiatrici consentirà quindi di riconoscere una disabilità addizionale agli esiti chirurgici, che varierà dal 10% in caso di sindrome depressiva lieve fino ad arrivare al 31-40% nelle forme gravi (25% per quelle medie).

Il modo dell’applicazione coerente e uniforme

La comunicazione dell’Inps, tenendo conto non solo delle conseguenze fisiche della chirurgia profilattica ma anche delle ripercussioni psicologiche, sociali e ralazionali, convalida un importante passo avanti verso l’adozione di un modello valutativo basato su un approccio bio-psico-sociale per affrontare la disabilità legata al rischio oncologico e ai tumori ereditari.

L’auspicio ora, come sottolienano gli autori del capitolo nella parte conclusiva, è che l’applicazione della direttiva Inps “possa risultare coerente e omogena su tutto il territorio nazionale e anche all’interno delle singole regioni, indipendentemente dalla composizione delle comminssini medico legali. Purtroppo, a causa della scarsa conoscenza delle sindromi ereditarie e in particolare della sindrome di Lynch da parte dei medici di medicina generale e dei componenti delle commissioni per l’accertamento degli stati invalidanti, si rischia che il contenuto delle Comunicazioni Inps non venga opportunamente considerato, o lo sia solo parzialmente. Ad esempio, riconoscendo percentuali di invalidità inferiori rispetto a quanto previsto ed ingenerando in tal modo un aumento di contenzioso per l’accertamento della disabilità che, invece, può e deve essere evitato con evidente vantaggio per i diretti interessati e per il l’intero sistema assistenziale”.

Antonella Sparvoli

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