Quale chirurgia per il carcinoma mammario lobulare

Il primo approccio al tumore lobulare è chirurgico, ma sono diverse le opzioni a seconda delle caratteristiche della neoplasia e può essere considerata anche la chirurgia oncoplastica

Una nuova rassegna, pubblicata di recente sulla rivista Annals of Surgical Oncology, conferma la possibilità di eseguire l’oncoplastica insieme alla chirurgia conservativa nelle donne con carcinoma mammario lobulare invasivo, a patto però che venga fatto un attento studio del tumore in fase preoperatoria. Nelle pazienti con varianti patogenetiche del gene CDH1 sarebbe invece auspicabile la mastectomia bilaterale profilattica e, in caso di sviluppo della neoplasia, la mastectomia bilaterale. Approfondiamo il tema con Giovanni Corso, uno degli autori della revisione, chirurgo senologo dell’Istituto europeo di oncologia e ricercatore dell’Università Statale di Milano.

Giovanni Corso

Le caratteristiche del carcinoma lobulare

Il carcinoma mammario lobulare è il secondo sottotipo istologico più comune dopo il carcinoma duttale invasivo e rende conto di circa il 10-15% di tutti i tumori al seno. In genere questo sottotipo esprime i recettori ormonali, mentre è molto rara la componente triplo negativa. Questo tipo di neoplasia mammaria tende a dare metastasi e a recidivare molto tardivamente, anche dopo i 10 anni. Per questo motivo è importante puntare sui controlli anche a distanza nelle donne che l’hanno avuta.

«Il carcinoma lobulare invasivo colpisce soprattutto la donna dopo la menopausa, però quando si associa alla presenza di una variante patogenetica germinale del gene CDH1 tende a insorgere prima, intorno ai 40 anni. La presenza di una mutazione di CDH1 è un’evenienza rara, ma quando questo gene è mutato il rischio di sviluppare il tumore può essere molto elevato» riferisce Corso.

Il carcinoma lobulare invasivo può essere difficile da diagnosticare con le tradizionali tecniche di imaging, quali l’ecografia e la mammografia, motivo per cui si raccomanda l’esecuzione della risonanza magnetica come puntualizza Corso. «Per fare diagnosi, ma anche per stadiare le pazienti che magari hanno già fatto una biopsia con esito di carcinoma lobulare, è fondamentale fare la risonanza magnetica, con e senza mezzo di contrasto, oppure la mammografia con mezzo di contrasto, una nuova metodica che ha lo stesso impatto della risonanza magnetica e può, per esempio, essere usate nelle donne che soffrono di claustrofobia e non riescono quindi a fare la risonanza».

Il trattamento chirurgico

La chirurgia rappresenta il primo approccio nel trattamento del carcinoma lobulare invasivo, a cui possono poi seguire la radioterapia, la terapia ormonale con inibitori dell’aromatasi o il tamoxifene e la chemioterapia nel caso di forme rare, per esempio triplo negative o con coinvolgimento esteso dei linfonodi.

«Una diagnosi di carcinoma lobulare non comporta la necessità di una mastectomia radicale – riferisce Corso -. In assenza di varianti patogenetiche di CDH1 (che invece sono un’indicazione alla mastectomia) e dopo un attento studio preoperatorio con la risonanza magnetica, che ci conforta sulla presenza di una neoplasia monofocale, cioè di un tumore unico, possiamo e dobbiamo proporre la chirurgia conservativa».

In genere, se possibile, si opta quindi per la chirurgia conservativa (quadrantectomia) che può essere associata o meno all’oncoplastica, un approccio che combina tecniche di spostamento o sostituzione del volume per garantire una resezione completa del tumore, ottimizzando al contempo i risultati estetici.

Il nuovo studio

Nel lavoro appena pubblicato, frutto di una collaborazione con l’Università della California di San Francisco, è stata condotta una revisione sistematica della letteratura scientifica, raccogliendo tutte le informazioni sull’oncoplastica, che permette di ripristinare una certa integrità del seno, anche dopo una chirurgia oncologica di tipo conservativo.

«Nel tumore lobulare, soprattutto se non viene studiato bene in fase preoperatoria, può capitare di avere i margini di resezione chirurgica positivi, il che significa che bisogna intervenire nuovamente, spesso con una mastectomia radicale perché una seconda chirurgia conservativa può non essere possibile. Con l’oncoplastica è difficile valutare l’aspetto dei margini di resezione perché questo tipo di chirurgia comporta un rimodellamento della ghiandola, sia pur conservandola».

Chirurgia conservativa con oncoplastica

Per comprendere meglio l’impatto dell’oncoplastica, sono state raccolte informazioni inerenti a circa 750 pazienti con carcinoma lobulare invasivo sottoposte a chirurgia conservativa e chirurgica oncoplastica. «Abbiamo visto che laddove non sia stata effettuata una chirurgia conservativa adeguata, c’è stato un tasso piuttosto elevato di margini positivi e questo può essere complicato perché significa reintervenire – spiega Corso -. Invece negli studi in cui è stata fatta una chirurgia conservativa adeguata, con margini sufficienti, la chirurgia oncoplastica non è un fattore negativo, non è un fattore di rischio di avere margini positivi dopo chirurgia conservativa. Quello che è davvero importante è fare in modo che la chirurgia oncologica conservativa garantisca un buon e radicale approccio all’asportazione del tumore lobulare».

Approccio chirurgico nelle donne con varianti di CDH1

Se nelle pazienti con carcinoma lobulare invasivo non mutato la chirurgia conservativa può essere un’opzione, in quelle che presentano varianti patogenetiche nel gene CDH1, associate alla sindrome ereditaria del cancro gastrico e mammario, sarebbe preferibile un approccio più radicale.

«Le linee guida americane del National Comprehensive Cancer Network dello scorso anno, per la prima volta, hanno inserito in maniera ufficiale il gene CDH1, qualora mutato, come fattore di alto rischio nello sviluppo del carcinoma lobulare. Queste linee guida dicono chiaramente, di discutere con le portatrici di varianti patogenetiche di CDH1 l’opportunità e i benefici della mastectomia profilattica bilaterale. A stretto giro, anche le nuove linee guida dell’International gastric cancer linkage consortium per la sindrome ereditaria del cancro gastrico diffuso e mammario lobulare associata al gene CDH1, che potrebbero essere pubblicate già nell’anno in corso, daranno indicazioni più precise per quanto riguarda la mastectomia profilattica nelle donne che hanno mutazioni germinali del gene CDH1. Nelle giovani donne mutate che sviluppano il carcinoma lobulare sarebbe pertanto auspicabile proporre una mastectomia bilaterale» conclude Corso.

Antonella Sparvoli

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