Tumore della vescica: promettente dispositivo per terapia localizzata

Una sorta di “cerotto medicato interno”, posizionato nell’organo, rilascia il farmaco chemioterapico nella zona colpita dalla neoplasia, permettendo in alcuni casi di evitare l’asportazione dell’organo

Un nuovo studio internazionale ha dimostrato i benefici nel tumore della vescica di un innovativo dispositivo sperimentale che rilascia il farmaco chemioterapico gemcitabina direttamente sulla zona colpita dal cancro, consentendo in molti casi di evitare o rimandare la cistectomia, ossia l’intervento chirurgico più invasivo di rimozione completa della vescica. La ricerca, coordinata dall’University of Southern California e pubblicata sul Journal of Clinical Oncology, ha coinvolto 142 centri in 14 Paesi, tra cui l’Italia e l’Istituto Nazionale del Tumori Regina Elena (IRE) di Roma è stato il centro che ha arruolato più pazienti a livello mondiale.

Il nuovo dispositivo per la terapia localizzata

Il tumore della vescica è il secondo più comune in urologia dopo quello della prostata. In Italia si registrano ogni anno circa 29.700 nuovi casi. Colpisce soprattutto tra i 60 e i 70 anni ed è quasi quattro volte più frequente negli uomini rispetto alle donne.

Le cure standard per il tumore della vescica non muscolo invasivo ad alto rischio sono rappresentate dall’asportazione del tumore e dall’utilizzo dell’immunoterapia con BCG (Bacillo Calmette-Guerin). Tuttavia in alcuni casi la neoplasia può recidivare e rendersi necessaria la cistectomia radicale, un intervento invasivo e non scevro da rischi e complicanze che prevede la rimozione di tutta la vescica. Nel nuovo studio internazionale, denominato SunRISe-1, i ricercatori hanno testato un approccio meno invasivo per trattare la recidiva, basato sull’impiego di un particolare dispositivo, chiamato TAR-200. Questo sistema funziona come un “cerotto medicato interno” che, posizionato nella vescica, rilascia lentamente e in modo continuo il farmaco chemioterapico gemcitabina direttamente sulla zona colpita da tumore.

Meno cistectomie con il cerotto medicato interno 

I risultati dello studio mostrano che il nuovo dispositivo TAR-200 ha ottenuto un tasso di risposta completa mai visto prima, pari all’82% nei pazienti con carcinoma uroteliale ad alto rischio, non muscolo invasivo, non più responsivi all’immunoterapia con BCG. Le risposte sono state rapide e durature e il trattamento è risultato ben tollerato. Un dato particolarmente importante è che la maggior parte dei pazienti ha potuto evitare o rimandare la cistectomia, l’intervento chirurgico più invasivo che comporta appunto la rimozione della vescica.

«Questi risultati rappresentano un passo avanti decisivo verso terapie innovative, meno invasive e più tollerabili per i nostri pazienti – segnala Giuseppe Simone, direttore dell’Unità operativa complessa di Urologia dell’IRE – L’esperienza maturata all’interno dello studio SunRISe-1 conferma la posizione di leadership dell’Istituto nell’ambito dell’urologia oncologica».

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