Promettente la radioterapia ablativa nel cancro al pancreas

Secondo i dati di uno studio recente il trattamento radioterapico può essere un’opzione alternativa per i tumori pancreatici localizzati, in particolare nei pazienti a rischio chirurgico per la presenza di altre patologie

Nuovi dati, pubblicati di recente sulla rivista JAMA Oncology, suggeriscono che la radioterapia ablativa può rappresentare una valida alternativa alla chirurgia tradizionale nei pazienti con adenocarcinoma duttale pancreatico tecnicamente resecabile, ma non eleggibili per l’intervento chirurgico a causa di patologie concomitanti non correlate al cancro.

La radioterapia ablativa

La radioterapia ablativa è una tecnica radioterapica guidata dalle immagini (Tac o risonanza magnetica), che permette di irradiare il bersaglio con dosi di radiazioni concentrate nel tempo ed elevatissimo grado di precisione. Questo approccio è già stato utilizzato con successo in diverse neoplasie toraciche, renali, ginecologiche, addominali e pelviche.

Gli autori del nuovo studio, guidati da Marsha Reyngold, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, hanno utilizzato la radioterapia ablativa in una piccola coorte di 25 pazienti, la maggior parte anziani, non candidati alla chirurgia a causa di comorbidità non legate al tumore.

Sebbene nei pazienti con malattia localizzata, la chirurgia e la terapia sistemica offrano la migliore opportunità per un controllo duraturo del cancro, questo tipo di approccio è associato a notevole morbilità, perdita funzionale e riduzione della qualità della vita. Alla luce di queste considerazioni e del fatto che la sopravvivenza a 5 anni è rara dopo la resezione, i ricercatori statunitensi hanno valuto testare se un trattamento locale meno invasivo, quale la radioterapia ablativa, potesse offrire un miglior rapporto rischi (morbilità)/benefici (sopravvivenza), massimizzando anche le opportunità offerte dalle moderne terapie sistemiche.

Risultati incoraggianti

I pazienti coinvolti nello studio sono stati trattati con radioterapia ablativa (dose biologicamente efficace di 100 Gy) presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center tra giugno 2016 e dicembre 2022. A distanza di 2 anni dal trattamento, la sopravvivenza globale è stata quasi del 44%, mentre la progressione locale e la sopravvivenza libera da metastasi sono state del 20,8% e 20,0% rispettivamente.

«Questi dati forniscono, a nostra conoscenza, il primo segnale clinico che la radioterapia ablativa potrebbe essere una promettente opzione terapeutica locale per pazienti fragili o funzionalmente compromessi con malattia tecnicamente resecabile, ma che potrebbero anche essere ad alto rischio di complicanze» hanno commentato i ricercatori, sottolineando che questi risultati incoraggianti potrebbero rappresentare la base per una valutazione prospettica di un approccio non chirurgico nei pazienti ad alto rischio di complicanze nel caso dell’intervento tradizionale.

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