Tumore al pancreas: nuovi dati sui benefici di olaparib nei pazienti BRCA mutati

L’Agenzia italiana del farmaco potrebbe rivalutare l’approvazione del PARP inibitore grazie a nuove evidenze ottenute nel “mondo reale”

Gli enti regolatori statunitense (FDA) ed europeo (EMA) hanno autorizzato, ormai da alcuni anni, la rimborsabilità del PARP inibitore olaparib come terapia di mantenimento nei pazienti con carcinoma del pancreas metastatico portatori di varianti patogeniche ereditarie nei geni BRCA. Ora anche l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), dopo aver negato la rimborsabilità del farmaco nel 2022, potrebbe rivalutare la sua decisione alla luce dei dati di uno studio italiano di real world evidence, pubblicato di recente sulla rivista Cancer Medicine. Approfondiamo il tema con Michele Reni, professore associato di oncologia dell’Università Vita e Salute e direttore del Programma strategico di coordinamento clinico del Pancreas center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, coautore del nuovo studio italiano nonché uno degli autori del precedente studio registrativo.

Michele Reni

La storia di olparib

Nonostante il via libera delle principali agenzie regolatorie (FDA, EMA e di altri Paesi) e le raccomandazioni inserite nelle linee guida internazionali e nazionali (ASCO, AIOM), nel 2022 l’AIFA aveva deciso di non consentire la rimborsabilità di olaparib considerando non sufficienti le evidenze disponibili, basate sullo studio registrativo POLO pubblicato nel 2019 sul New England Journal of Medicine. Lo studio aveva dimostrato che il 33% dei pazienti che aveva ricevuto olaparib come terapia di mantenimento era vivo a cinque anni contro il 17% del gruppo placebo, ma questa differenza non era significativa dal punto di vista statistico e quindi non c’erano chiare evidenze di un vantaggio in termini di sopravvivenza globale. «La mancata osservazione di benefici in termini di sopravvivenza globale è verosimilmente legata al fatto che circa il 30% dei pazienti del braccio placebo avevano ricevuto olabarib successivamente nella loro storia clinica. In pratica l’assunzione del farmaco in un momento successivo ha mascherato il beneficio» fa notare Michele Reni.

I nuovi dati real life

La possibile apertura di AIFA ad olaparib fa seguito ai nuovi dati italiani “real life”, basati sull’esperienza clinica di 23 centri che, tra il 2015 e il 2021, hanno potuto trattare con olaparib 53 pazienti (su 114) affetti da adenocarcinoma del pancreas metastatico con varianti patogeniche germinali nei geni BRCA, grazie all’accesso al fondo AIFA 5% e all’uso off-label del farmaco, supportato dai singoli ospedali e dal programma di uso nominale portato avanti da AstraZeneca.

I dati raccolti nel mondo reale mostrano una probabilità di sopravvivenza a due anni di circa il 60%. «I dati di real life sostengono quanto era stato osservato nello studio registrativo e che i benefici offerti dalla terapia con olaparib sono evidenziabili anche al di fuori della sperimentazione, nel mondo reale – commenta Reni -. I pazienti che hanno assunto olaparib nella loro storia clinica come mantenimento, e a volte anche come prima linea o mantenimento di linee successive, hanno avuto una vita più lunga di quelli che non l’hanno ricevuto».

Le prospettive

Alla luce dei nuovi dati, si auspica che AIFA rivaluti al più preso la rimborsabilità di olaparib. «Allo stato attuale, la terapia di mantenimento con olaparib dovrebbe essere indicata per i pazienti con adenocarcinoma del pancreas metastatico con varianti patogeniche germinali dei geni BRCA che abbiano fatto un trattamento chemioterapico contenente sali di platino per almeno quattro mesi senza aver avuto una progressione di malattia – riferisce Reni -. Tuttavia abbiamo in programma, insieme al team del professor Michele Milella (direttore dell’Unità operativa complessa di oncologia medica dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Verona, ordinario di Oncologia medica all’Università di Verona e prima firma dello studio pubblicato su Cancer Medicine), di valutare altre indicazioni, per esempio nei pazienti con altre mutazioni che causano difetti nei processi di riparazione dei danni del DNA o con mutazioni somatiche (cioè presenti solo nelle cellule tumorali) dei geni BRCA. L’obiettivo è capire se altri biomarctaori possono essere predittivi di risposta al trattamento con PARP inibitori».

L’importanza del test genetico

La possibile apertura futura di AIFA alla rimborsabilità di olaparib risolleva anche la questione del test genetico sul sangue per intercettare i pazienti con adenocarcinoma del pancreas candidabili alla terapia con i Sali di platino e con il PARP inibitore in quanto portatori di varianti patogeniche germinali di BRCA. «Non solo – aggiunge Reni -, la positività al test BRCA permette di ricercare, attraverso i test a cascata, la variante patogenetica anche sui familiari più stretti e di inserirli se necessario in programmi di prevenzione e sorveglianza per le diverse neoplasie (seno, ovaio, prostata) che possono svilupparsi in conseguenza di una mutazione patogenica dei geni BRCA».

Antonella Sparvoli

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