Tumore al seno: più casi ma anche migliore sopravvivenza

Il punto sul carcinoma mammario alla 21esima edizione del Convegno “Advanced International Breast Cancer Course”

Negli ultimi 10 anni c’è stato un aumento dell’11% dei nuovi casi di tumore al seno, ma grazie all’innovazione terapeutica e ai programmi di prevenzione sono stati raggiunti importanti risultati, migliorano per esempio la sopravvivenza mediana del 30% nelle donne con malattia metastatica. A segnalarlo sono gli esperti intervenuti alla 21esima edizione del Convegno “Advanced International Breast Cancer Course”.

Progressi nel trattamento adiuvante

Negli ultimi anni si è arricchito molto lo scenario del trattamento adiuvante, cioè successivo alla chirurgia, nelle donne con tumore al seno in fase iniziale, in particolare in quelle con recettori ormonali positivi.

«Oggi è possibile andare oltre la terapia adiuvante standard costituita da chemioterapia e terapia ormonale, grazie all’arrivo di una nuova classe di farmaci, gli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti (CDK4/6) – segnala Valentina Guarneri, direttrice del Convegno oltre che direttrice della Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto, IRCCS di Padova, e professoressa ordinaria di Oncologia medica all’Università di Padova -. Nelle pazienti a rischio intermedio-alto, in questo modo è possibile ridurre ulteriormente di circa il 25% il rischio di recidiva rispetto allo standard di cura». Per il successo delle cure è però fondamentale assumere i farmaci prescritti nei tempi e nelle dosi indicati dall’oncologo, cosa che spesso non accade, come fa notare Guarnieri. «Dal primo al quinto anno dall’inizio della cura, la percentuale di adesione diminuisce del 25,5%, con conseguenze negative sulle probabilità di guarigione».

Chemioterpia solo quando serve

Oltre che nella terapia adiuvante, ci sono all’orizzone avanzamenti anche in quella neoadiuvante, che viene proposta in alcuni casi prima dell’intervento chirurgico.

Nel tumore al seno con recettori ormonali positivi la terapia neoadiuvante prevede in genere la chemioterapia per le pazienti ad alto rischio, ma studi clinici in corso stanno valutando l’impiego dei test genomici per intercettare le pazienti che hanno più possibilità di trarre beneficio da tale terapia, evitando chemioterapie inutili, come già accade nel contesto adiuvante nelle donne già operate. «Questo può aprire prospettive importanti, anche considerato che oggi abbiamo la possibilità di potenziare il trattamento endocrino neoadiuvante con l’aggiunta degli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti o con nuovi farmaci antiormonali» segnala Guarnieri.

Indicazioni per gli anticorpi farmaco-coniugati

Al recente convegno si è parlato anche degli anticorpi farmaco-coniugati, farmaci molto potenti che permettono di indirizzare i chemioterapici direttamente nelle cellule tumorali, grazie al ruolo svolto dagli anticorpi, riducendo le tossicità sistemiche. «Oggi sono approvati nella malattia metastatica, ma la prospettiva di utilizzo anche nelle fasi iniziali è importante, grazie alla loro efficacia. Nella neoplasia metastatica sono stati compiuti importantissimi passi avanti. La chiave è la scelta delle cure in base alla caratterizzazione molecolare e alla corretta sequenza delle terapie. Oggi si possono utilizzare algoritmi di trattamento di prima, seconda, terza e quarta linea. I vantaggi per le pazienti sono evidenti. Infatti, la sopravvivenza mediana di una donna con malattia metastatica è migliorata del 30% rispetto a 10 anni fa. E gli studi dimostrano che la sopravvivenza aumenta progressivamente in relazione alla disponibilità dei nuovi farmaci, a sottolineare l’importanza dell’innovazione».

Prevenzione attraverso lo stile di vita

Per contrastare il tumore al seno su tutti i fronti, riveste un ruolo fondamentale anche lo stile di vita. Una dieta sana ed equilibrata così come un’attività fisica regolare e altre buone abitudioni di vita non solo possono aiutare a prevenire il cancro, ma hanno un grande valore anche nelle donne che hanno già ricevuto una diagnosi di tumore al seno.

«I corretti stili di vita hanno un impatto sui risultati clinici delle cure. Ad esempio, l’attività fisica può ridurre il rischio di recidiva nelle pazienti con malattia in stadio iniziale e può migliorare la sopravvivenza nella fase metastatica. Vi sono tipi particolari di dieta in grado di influire sull’efficacia della chemioterapia. Più in generale, è dimostrato che, soprattutto nei tumori a recettori ormonali positivi, il controllo del peso corporeo attraverso l’alimentazione corretta e l’attività fisica costante è associato a risultati clinici migliori. Il tessuto adiposo, infatti, è sede di produzione estrogenica e può limitare l’efficacia della terapia ormonale» conclude Guarnieri.

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