Tumore ovarico: verso terapie sempre più personalizzate con i PARP inibitori

Un recente studio italiano mostra che le pazienti con cancro ovarico portatrici di varianti nei geni BRCA1 e BRCA2 traggono beneficio dalla terapia di mantenimento con il farmaco olaparib, ma con variazioni a seconda del tipo e del sito di mutazione

Circa il 20-25% dei tumori ovarici sierosi di alto grado sono caratterizzati dalla presenza di mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, che svolgono un ruolo fondamentale nei processi di riparazione dei danni al DNA. Queste mutazioni possono essere di diverso tipo e interessare differenti regioni di tali geni, cosa che sembrerebbe influenzare la risposta alla terapia di mantenimento con i PARP inibitori, in particolare con il farmaco olaparib. Lo segnala uno studio recente, pubblicato sulla rivista ESMO Open, che potrebbe aprire la strada a terapie ancora più personalizzate. Approfondiamo il tema con la prima autrice dello studio Claudia Marchetti, ginecologa oncologa dell’UOC di Ginecologia oncologica dell’IRCCS Fondazione Policlinico Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Claudia Marchetti

Il confronto

Negli ultimi anni alcuni gruppi di ricerca stanno cercando di comprendere più nel dettaglio come le donne BRCA mutate con tumore ovarico rispondono alla terapia con i PARP inibitori, farmaci che hanno rivoluzionato il trattamento di tale neoplasia.

«La particolarità del nostro studio – fa notare Marchetti -, sta nell’aver fatto un confronto tra pazienti sottoposte alla terapia di mantenimento con olaparib e un gruppo storico di donne con le stesse mutazioni non trattate con tale farmaco perché non ancora disponibile».

In pratica gli studiosi italiani hanno arruolato in modo retrospettivo 140 pazienti con carcinoma ovarico con mutazione BRCA1/2 che hanno ricevuto il mantenimento con olaparib e i loro dati sono stati confrontati con quelli di 128 pazienti storiche che non avevano ricevuto olaparib (pazienti trattate tra gennaio 2010 e dicembre 2022). La sopravvivenza libera da progressione è stata quindi calcolata dalla data dell’ultimo trattamento a base di platino fino alla recidiva o all’ultimo follow-up.

Tipi e siti di mutazione

«I nuovi dati confermano che le pazienti con mutazioni nei geni BRCA traggono beneficio dalla terapia con il PARP inibitore olaparib, ma evidenziano anche variazioni in relazione al tipo di mutazione e alla regione del gene interessata» segnala Marchetti.

Quando si parla di tipo di mutazione ci si riferisce agli effetti che le singole variazioni della sequenza del DNA possono avere sulle proteine codificate dal gene, come, per esempio, mutazioni missenso (legate al cambiamento di un singolo aminoacido della catena proteica) o mutazioni non senso (che portano alla formazione di una proteina troncata). Quando invece si parla del sito di mutazione ci si riferisce a un cambiamento della sequenza di DNA in una specifica area con ripercussioni su un particolare dominio funzionale della proteina. Il dominio funzionale è quindi una regione della proteina responsabile di una funzione particolare, per esempio, alcuni domini possono essere coinvolti nell’interazione con altre proteine, nell’attivazione o inibizione di altre proteine, o in altre funzioni. Le mutazioni che impattano sui domini funzionali possono alterare la funzione della proteina, causando per esempio una perdita di funzione, un cambiamento di funzione oppure a una funzione nuova.

Risposte differenziate alla terapia con olaparib

«Il dato forse più rilevante emerso è che le pazienti con una mutazione missenso di BRCA1 e/o BRCA2 hanno avuto una migliore sopravvivenza durante il trattamento con olaparib. In particolare le pazienti con la mutazione Ala1708Glu nel dominio BRCT del gene BRCA1 hanno avuto la prognosi migliore: è come se questo tipo di mutazione missenso amplificasse il meccanismo di induzione di risposta al PARP inibitore – riferisce Marchetti -. Abbiamo inoltre osservato che nelle pazienti con mutazione BRCA1, il coinvolgimento dei domini RING e BRCT è associato a benefici significativi alla terapia con olaparib, mentre nelle donne con mutazione BRCA2, quelle che hanno beneficiato di più della terapia con il PARP inibitore presentavano varianti nel dominio di legame RAD51».

Le possibili ricadute terapeutiche

I nuovi dati evidenziano come l’integrazione delle conoscenze sul tipo e sul sito di mutazione possa identificare le pazienti per i quali i PARP inibitori sono essenziali e sufficienti (per esempio quelle con mutazioni BRCA1 nel dominio RING e quelle con mutazioni BRCA2 nel dominio RAD51) e quelle per le quali tali farmaci potrebbero non essere del tutto efficaci e magari richiedere la combinazione con altre terapie. «Inoltre – aggiunge Marchetti -, per un approccio più personalizzato, questo beneficio variabile dei PARP inibitori basato sulla mutazione potrebbe giustificare una possibile riduzione della durata della terapia, identificando le pazienti per le quali potrebbe essere sufficiente un mantenimento di meno di 2 o 3 anni».

Le prospettive in relazione alla risposta e alla tossicità

A lungo termine la prospettiva è quella di personalizzare ancora di più la terapia con PARP inibitori, tenendo conto del tipo/sito di mutazione ma anche della tossicità farmacologica. «Attualmente stiamo portando avanti anche uno studio sulla tossicità ai PARP inibitori. L’integrazione delle informazioni sull’efficacia della terapia in relazione alla mutazione specifica con quelle sulla tossicità apre la strada a un’ulteriore individualizzazione del trattamento. Per esempio in pazienti in cui si prevende un’alta risposta al PARP inibitore, c’è una forte indicazione a proporre questo trattamento a prescindere dalla tossicità. Diversamente se si prevede una risposta modesta al PARP inibitore e una maggiore tossicità, si potrebbe considerare un dosaggio più basso del farmaco perché, altri dati che abbiamo raccolto, evidenziano una risposta analoga, indipendente dal dosaggio. Se ulteriori studi supporteranno i nostri risultati, potremmo sviluppare un algoritmo più efficace per la gestione del carcinoma ovarico con mutazione BRCA, selezionando le pazienti che trarranno maggior beneficio dai PARP inibitori e personalizzando la loro cura sulla base di un “profilo genetico dettagliato” e allo stesso tempo della tossicità della terapia» conclude Marchetti.

Antonella Sparvoli

© 2022 Fondazione Mutagens ETS. Tutti i diritti riservati.

Leggi altre notizie