Prevenire è vivere: investire nella prevenzione oncologica per la salute delle persone e la sostenibilità del sistema sanitario

In un’epoca di straordinari progressi tecnologici e terapeutici l’attenzione verso la prevenzione in campo oncologico sta finalmente conquistando il posto che merita. Le principali istituzioni sanitarie internazionali e nazionali – dall’Organizzazione Mondiale della Sanità alla Commissione Europea, con il Piano per la lotta contro il cancro 2021-2025, al nostro Parlamento, con il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 e il Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 – convergono su un punto essenziale: per affrontare in modo efficace e sostenibile l’aumento in corso e atteso di nuovi casi di cancro, è indispensabile investire sempre più nella prevenzione, in tutte le sue forme.

L’invecchiamento della popolazione, se non accompagnato da un robusto rafforzamento delle misure preventive, rischia infatti di rendere il carico delle malattie oncologiche insostenibile per il sistema sanitario, in termini clinici, sociali ed economici: potremmo non essere più in grado di curare tutti e tutto e rischieremmo di farlo in modo iniquo, lasciando indietro proprio i soggetti più fragili e con minori prospettive di guarigione. Prevenire significa allora non solo vivere meglio e più a lungo, ma anche permettere al nostro sistema sanitario universalistico di continuare a reggere.

Nell’ambito delle patologie oncologiche la prevenzione si articola su tre livelli distinti, ma interconnessi:

  • Prevenzione primaria, che mira a ridurre l’incidenza dei tumori agendo sui fattori di rischio genetico, comportamentali e ambientali (alimentazione, fumo, alcol, attività fisica, esposizioni nocive) e, quando possibile e opportuno, con la chirurgia profilattica e la farmaco-prevenzione;
  • Prevenzione secondaria, che consiste nella diagnosi precoce della malattia in soggetti apparentemente sani, anche mediante programmi di screening organizzati;
  • Prevenzione terziaria, che riguarda invece i soggetti già colpiti da tumore e ha l’obiettivo di evitare recidive, secondi tumori e complicanze.

Sebbene le terapie oncologiche siano sempre più efficaci, spesso meno invasive e meglio tollerate, rimane irrinunciabile investire in ciò che può evitare la malattia o contenerla agli stadi iniziali. Ciò in quanto ogni tumore evitato è una vita salvata, un dolore scongiurato, una risorsa pubblica risparmiata. Tra le strategie di prevenzione, quelle che riguardano i comportamenti quotidiani della gente rappresentano il punto di partenza più accessibile e diffuso. Non richiedono tecnologie complesse, non comportano alti costi e possono essere attuate, con il giusto supporto, da tutta la popolazione. Eppure, sono anche le più trascurate, perché culturalmente meno valorizzate e spesso ostacolate da modelli di consumo, contesti sfavorevoli o mancanza di informazione. Secondo l’OMS, fino al 40% dei tumori è potenzialmente evitabile intervenendo su fattori di rischio modificabili.

Alimentazione, attività fisica e astensione da fumo e alcol sono strumenti potentissimi, ancora sottoutilizzati. L’associazione tra dieta e rischio oncologico è ormai ampiamente documentata. Il consumo eccessivo di carni lavorate, cibi ultra-processati, zuccheri semplici, bevande zuccherate e grassi saturi è correlato ad un aumento dell’incidenza di diversi tumori, in particolare quelli dell’apparato digerente, del seno e della prostata. Al contrario, una dieta basata su frutta e verdure fresche, legumi, cereali integrali, olio extravergine di oliva, con un adeguato apporto di fibre e un uso moderato di proteine di origine animale, ha effetti protettivi ampiamente dimostrati. Anche il mantenimento di un peso corporeo equilibrato è un fattore cruciale, poiché obesità e sovrappeso sono associati ad un maggior rischio in almeno una dozzina di tumori. In Italia, nonostante la ricchezza della dieta mediterranea, gli stili alimentari si stanno progressivamente allontanando da questo modello virtuoso, specie tra le giovani generazioni: serve una nuova alleanza tra salute pubblica, educazione scolastica, agricoltura e distribuzione alimentare per riportare il cibo sano al centro della cultura e dell’accessibilità quotidiana. È altresì fondamentale affrontare le disuguaglianze economiche e culturali che ancora ostacolano l’adozione di stili alimentari virtuosi: il costo più elevato degli alimenti freschi, la scarsa disponibilità di prodotti salutari in alcuni territori, la mancanza di tempo e competenze per preparare i pasti in modo adeguato sono barriere reali per molte famiglie. Un ambiente alimentare sano deve diventare un diritto, non un privilegio, attraverso politiche di fiscalità, sostegno al reddito ed educazione alimentare capillare, a partire dalle scuole, dagli ambienti i lavoro e dai servizi territoriali.

L’attività fisica regolare è un altro pilastro della prevenzione primaria. Numerosi studi confermano che l’esercizio costante riduce il rischio di tumori al colon, alla mammella e all’endometrio, agendo su diversi meccanismi: riduzione dell’infiammazione sistemica, regolazione ormonale, miglior controllo glicemico e potenziamento immunitario. Le raccomandazioni internazionali parlano di almeno 150 minuti a settimana di attività moderata, ma anche piccole modifiche dello stile di vita, come camminare, salire le scale, muoversi ogni ora, possono avere effetti significativi. Promuovere il movimento significa anche progettare spazi urbani attivi, creare percorsi scolastici e aziendali che favoriscano la mobilità dei cittadini, e combattere la sedentarietà, la vera epidemia nascosta delle società moderne.

Il fumo di tabacco rimane la principale causa evitabile di cancro: è responsabile di circa un terzo di tutti i decessi oncologici, compresi il 90% dei tumori polmonari. Ogni sigaretta in meno è un rischio in meno. Il fumo passivo, inoltre, rappresenta un pericolo concreto, soprattutto per i bambini. L’alcol è un agente cancerogeno certo, riconosciuto dalla IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro). Anche piccole quantità aumentano il rischio di cancro a bocca, esofago, fegato, seno e colon. Promuovere una cultura del bere consapevole (o del non bere) è oggi una priorità, soprattutto tra i giovani, dove si assiste ad una crescita preoccupante dell’abuso di alcol, ormai diventato un fenomeno sociale diffuso in tutto il Paese e ad ogni età.

Investire in prevenzione non è solo una scelta sanitaria, sociale ed etica, ma anche economica. Le cure oncologiche sono sempre più sofisticate, e quindi più costose: farmaci innovativi, trattamenti personalizzati, assistenza continuativa. Se la prevenzione riuscisse a ridurre l’incidenza dei tumori più diffusi, l’intero sistema sanitario ne trarrebbe beneficio. Secondo stime europee, ogni euro speso in prevenzione genera un risparmio di almeno 2,5 euro nelle cure future. Basti pensare che il costo medio di un ciclo terapeutico con farmaci oncologici innovativi può superare i 100.000 euro per paziente, a cui si aggiungono i costi indiretti per esami diagnostici, ospedalizzazioni, assenze lavorative e impatto sociale. Al contrario, le misure di prevenzione primaria, come campagne educative, consulenze nutrizionali o programmi di attività fisica, comportano investimenti modesti, ma capaci di generare benefici collettivi duraturi. Investire nella prevenzione significa dunque non solo risparmiare risorse, ma usarle meglio, in modo più equo e lungimirante. Ma il vantaggio va oltre i bilanci: prevenire significa ridurre la pressione su ospedali e operatori sanitari, migliorare la qualità della vita delle persone, diminuire le disuguaglianze e rafforzare la resilienza del sistema sanitario e di welfare.

Accanto alla prevenzione primaria, gli screening organizzati rappresentano il fulcro della prevenzione secondaria. In Italia esistono tre programmi nazionali: mammografia per il tumore della mammella, ricerca del sangue occulto nelle feci per il colon-retto e Pap-test/HPV test per la cervice uterina. A questi si affianca la vaccinazione anti-HPV, cruciale per prevenire i tumori correlati al papillomavirus. In Lombardia è stata di recente avviata una prima sperimentazione dello screening della prostata, nei maschi sopra i 50 anni, che si auspica sia estesa presto in altre regioni. Tuttavia, l’adesione agli screening da parte della popolazione è ancora troppo disomogenea, soprattutto nel Centro-Sud, dove la copertura resta ampiamente al di sotto degli standard raccomandati. È fondamentale agire sulle barriere culturali, organizzative e informative, per garantire che ogni cittadino, ovunque viva, abbia accesso all’opportunità di una diagnosi precoce.

Un’attenzione particolare merita la prevenzione nei portatori di sindromi ereditarie di predisposizione ai tumori, di cui ci occupiamo con la Fondazione Mutagens. Queste persone hanno nel proprio DNA un rischio significativamente aumentato di sviluppare uno o più tumori nel corso della vita.  Per loro la prevenzione non è un’opzione: è una necessità e priorità strategica. I percorsi dedicati – i PDTA regionali e ospedalieri eredo-familiari – dovrebbero sempre più integrare, accanto agli specialisti abituali – genetisti, senologi, ginecologi, gastroenterologi, urologi – anche figure competenti in nutrizione e alimentazione, attività fisica e supporto psicologico. Solo una presa in carico multidisciplinare e centrata sulla persona può garantire una vera prevenzione di precisione per tale popolazione ad alto rischio. Per tali soggetti alimentazione e stili di vita giocano un ruolo cruciale: pur non potendo eliminare il rischio genetico, possono modulare la probabilità di insorgenza della malattia e migliorare l’efficacia delle strategie di sorveglianza e di riduzione del rischio (come gli interventi chirurgici preventivi). È fondamentale che anche per loro l’informazione sia corretta, aggiornata e basata sull’evidenza, e che i pazienti si affidino a professionisti esperti in prevenzione oncologica, non a consigli generici o mode prive di fondamento e di base scientifica. Per tale motivo, all’interno della nostra proposta organica per la prevenzione e la cura di precisione di tale popolazione, abbiamo dedicato uno spazio specifico proprio all’attivazione dei percorsi di counselling nutrizionale, di attività fisica e di stili di vita salutari.

Gli Stati Generali della Prevenzione, in programma il 16 e 17 giugno a Napoli, promossi per la prima volta dal Ministero della Salute, si configura come un’importante occasione di confronto istituzionale, tecnico e scientifico, finalizzata a consolidare il ruolo della prevenzione come pilastro fondamentale della salute pubblica e ad incentivare la cooperazione multi-stakeholder. L’auspicio è che tale appuntamento, destinato a diventare permanente, rappresenti l’occasione per avviare una nuova fase nell’approccio alla salute di tutti i cittadini italiani.

In conclusione, la prevenzione oncologica è molto più di una strategia sanitaria: è un progetto sociale, culturale, etico. Riguarda tutti, dai decisori pubblici ai singoli cittadini, dai clinici alle società scientifiche, dalle aziende farmaceutiche a quelle dei dispositivi medici, dai giornalisti ai media. Il futuro della nostra salute si gioca non solo nei laboratori di ricerca e negli ospedali, ma anche nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei quartieri, nei mercati, negli spazi di socializzazione. E nelle scelte quotidiane consapevoli di ciascuno di noi. In questo contesto, la Fondazione Mutagens continuerà a fare la sua parte, promuovendo un’informazione autorevole, accessibile e aggiornata, e sostenendo i diritti e i bisogni delle persone ad alto rischio genetico. Perché la conoscenza è il primo passo verso la prevenzione. E la prevenzione è certamente il modo più umano, intelligente e moderno di curare, come già sosteneva in un lontano passato il noto medico greco Ippocrate.

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