L’Omega-3 DHA potenziale alleato per le donne con tumore al seno

L’integrazione con acido docosaesaenoico contribuirebbe a spegnere l’infiammazione cronica a seconda del sottotipo tumorale e del profilo genetico individuale, con particolari vantaggi per le pazienti BRCA mutate

Sono sempre più numerose le evidenze che mostrano come la nutrizione clinica moderna possa rappresentare una strategia complemetare alle terapie oncologiche convenzionali per migliorare la qualità di vita delle pazienti ed eventualmente supportare i meccanismi naturali di guarigione dell’organismo. In questa direzione vanno anche i risultati preliminari di un recente studio, condotto all’Università La Sapienza di Roma, e pubblicati sulla rivista Cancers. La ricerca ha esaminato gli effetti del DHA (acido docosaesaenoico), un omega-3 sotto forma di integratore di origine marina, che attraverso l’aumentata produzione di particolari molecole, chiamate resolvine, contribuirebbe a spegnere l’infiammazione cronica, fattore che può favorire la progressione tumorale.

Gli effetti del DHA

Il DHA (acido docosaesaenoico) è un acido grasso polinsaturo omega-3 essenziale per la salute, soprattutto per il corretto funzionamento dei sistemi nervoso, cardiovascolare e immunitario. La sua assunzione determina la produzione di molecole chiamate resolvine D1 e D2 che agiscono come mediatori specializzati, contribuendo a regolare l’infiammazione sistemica e il ripristino dell’equilibrio tissutale.

Nel nuovo studio è stato somministrato alle volontarie un integratore sotto forma sciroppo al gusto di fragola contenente il 10% di DHA, estratto da microalghe marine della specie Schizochytrium sp., una fonte sostenibile e pura di omega-3 che non richiede l’utilizzo di pesce.

Le volontarie che hanno assunto l’integratore sono state valutate prima dello studio (baseline) e dopo 10 giorni di somministrazione. Le pazienti con cancro hanno mostrato livelli plasmatici di resolvina D1 triplicati rispetto al baseline, ma senza differenze significative nella resolvina D2.

I risultati più significativi sono emersi nelle donne con mutazioni BRCA1 e BRCA2, nelle quali è stato rilevato un aumento del 185% della resolvina D1 e del 101% della resolvina D2.

Risultati personalizzati in base al profilo genetico

«Abbiamo osservato che le donne con cancro al seno con mutazione BRCA1 e BRCA2 dopo la somministrazione di DHA hanno mostrato un aumento significativo dei livelli di resolvine – fa notare il professor Maurizio Muscaritoli, Senior Author dello studio del Dipartimento di medicina di precisione e traslazionale dell’Università La Sapienza di Roma e presidente della Società Italiana di Nutrizione Clinica -. Al contrario, le donne con una storia familiare di cancro ma senza mutazione non hanno registrato lo stesso incremento. Questi risultati preliminari suggeriscono come l’integrazione di DHA possa influenzare l’infiammazione in maniera diversa a seconda del sottotipo tumorale e del profilo genetico individuale».

A differenza dei comuni farmaci antinfiammatori che bloccano genericamente l’infiammazione, le resolvine agiscono come “regolatori selettivi” che modulano i processi infiammatori dannosi preservando quelli necessari per la guarigione.

Sebbene incoraggianti, i nuovi dati richiedono ulteriori conferme attraverso ricerche cliniche più ampie prima di poter trarre conclusioni definitive sull’efficacia clinica. I risultati ottenuti aprono tuttavia prospettive interessanti per lo sviluppo di protocolli nutrizionali personalizzati in oncologia.

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