Endometrio: l’immunoterapia con chemio in prima linea

L’AIFA ha approvato l’estensione dell’indicazione della terapia con il farmaco immunoterapico dostarlimab in combinazione con la chemioterapia per le pazienti con carcinoma dell’endometrio primario avanzato o ricorrente, con deficit del sistema di mismatch repair e elevata instabilità dei microsatelliti

Finalmente, a poco più di un anno di distanza dall’approvazione europea, anche l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha esteso l’indicazione terapeutica dell’immunoterapia a base di dostarlimab in combinazione con la chemioterapia per le pazienti con carcinoma dell’endometrio primario avanzato o ricorrente, con deficit del sistema di mismatch repair (dMMR) e elevata instabilità dei microsatelliti (MSI-H).

La rimborsabilità della terapia in prima linea fa seguito ai risultati dello studio internazionale RUBY, a cui hanno partecipato ben 8 centri in Italia, e che ha valutato l’efficacia dell’aggiunta di dostarlimab alla chemioterapia standard, carboplatino e paclitaxel, rispetto alla sola chemioterapia.

I benefici della terapia combinata

Lo studio RUBY ha preso in esame 118 pazienti con carcinoma endometriale primario
avanzato o ricorrente dMMR/MSI-H con un follow-up mediano di oltre 2 anni (3 nel caso
dell’analisi di sopravvivenza globale). I risultati mostrano che aggiungere il farmaco immunoterapico anti-PD-1 dostarlimab alla chemioterapia standard di prima linea migliora in modo significativo la sopravvivenza globale rispetto alla sola chemioterapia. In particolare è emersa una riduzione del 72% del rischio di progressione della malattia o di morte nelle pazienti trattate con la combinazione. «Inoltre – precisa la professoressa Domenica Lorusso, direttore del programma di ginecologia oncologica dell’Humanitas San Pio X di Milano -, in un’analisi esploratoria prespecificata della sola sopravvivenza globale nella popolazione dMMR/MSI-H, l’aggiunta di dostarlimab alla chemioterapia ha determinato una riduzione del 68% del solo rischio di morte rispetto alla chemioterapia».
Nel caso specifico, a 2 anni, il 61,4% delle pazienti dMMR/MSI-H trattate con dostarlimab e chemioterapia era libero da progressione o morte rispetto al 15,7% delle pazienti trattate con la sola chemioterapia standard. A 3 anni, il 78% delle pazienti trattate con dostarlimab e chemioterapia era vivo rispetto al 46% delle pazienti trattate con la chemioterapia.

Possibile anche la guarigione

“Il RUBY – prosegue Lorusso – ha cambiato la pratica clinica per tutte le pazienti con
carcinoma endometriale primario avanzato o ricorrente dMMR/MSI-H. Il 72% di riduzione
della progressione della malattia o di morte in donne con carcinoma dell’endometrio
avanzato o recidivante, è un traguardo enorme, inimmaginabile. Significa soprattutto che
le curve del RUBY ci mostrano che stiamo guarendo queste donne: un verbo, guarire,
che non avrei mai immaginato di poter usare per tumori recidivanti o che esordiscono al
quarto stadio. A questo punto non è utopia pensare che alcuni gruppi di pazienti
potrebbero addirittura beneficiare della sola immunoterapia senza chemio».

I fattori di rischio

Il cancro dell’endometrio interessa il copro dell’utero ed è la neoplasia ginecologica più comune nei paesi sviluppati. In Italia si ammalano circa 9.000 pazienti ogni anno, con un trend in aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione. Si tratta infatti di una neoplasia che si osserva soprattutto dopo la menopausa, con una diagnosi intorno ai 60 anni. Non esiste una strategia di screening e il principale campanello d’allarme è il sanguinamneto anomalo in pre e post menopausa, che va sempre approfondito con esami specifici.
I fattori di rischio sono diversi e includono, oltre all’età e all’obesità, l’eccessiva esposizione agli estrogeni come avviene a fronte di un inizio precoce del ciclo mestruale (menarca precoce), di menopausa tardiva o assenza di gravidanze.

I tumori ereditari dell’endometrio

Nello sviluppo del tumore dell’endometrio giocano un ruolo anche la familiarità e l’ereditarietà. In particolare la presenza di alterazioni genetiche ereditarie, prime tra tutte quelle nei geni della sindrome di Lynch. Quest’ultima è causata da varianti patogeniche della linea germinale nei geni di mismatch repair (MSH2, MSH6, MLH1, PMS2) e viene rinvenuta in circa il 3% di tutti i cancri dell’endometrio, ma è associata anche a un rischio elevato di sviluppare il tumore del colon. Entrambe le neoplasie tendono a svilupparti in età giovanile. In casi di diagnosi di sindrome di Lynch è importante sottoporre anche i familiari al test genetico per poter, in caso di positività, avviare un percorso di sorveglianza mirato. Recenti studi infine indicano che il tumore dell’endometrio può essere associato a varianti patogeniche germinali anche di altri geni di suscettibilità ai tumori, tra cui PTEN, BRCA1 e talvolta BRCA2.

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