Gravidanza sicura per le donne BRCA mutate che hanno avuto un tumore al seno durante la precedente gestazione

Secondo uno studio presentato all’ESMO Breast Cancer 2025 diventare di nuovo madri dopo una diagnosi di carcinoma mammario in gravidanza non peggiora gli esisti oncologici nelle portatrici di mutazioni in geni di suscettibilità

Le donne portatrici di varianti patogenetiche germinali dei geni BRCA a cui è stato diagnosticato un tumore al seno durante una gravidanza non hanno un rischio maggiore di avere una recidiva della malattia o di sopravvivere meno a lungo dopo un’altra gravidanza, avvenuta entro i successivi 7 anni, rispetto alle compagne che non hanno avuto altre garvidanze. Lo suggerisce uno studio retrosettivo, presentato di recente al congresso internazionale ESMO (European Society of Medical Oncology) Breast Cancer.

Gravidanza nelle portatrici di mutazioni BRCA

Studi precedenti hanno dimostrato che diventare madri dopo una diagnosi di cancro al seno, associato alla presenza di varianti patogenetiche dei geni BRCA, si può ed è sicuro. Mentre, finora non si sapeva se fosse sicura una gravidanza successiva in coloro che hanno ricevuto la diagnosi di tumore al seno durante la gravidanza.

Per cercare di colmare questa lacuna, è stato avviato lo studio di coorte retrospettivo con la BRCA BCY Collaboration, che ha coinvolto 6236 pazienti registrate da 109 centri in 33 paesi. Gli studiosi hanno identificato le donne di età pari o inferiore a 40 anni a cui era stato diagnosticato un carcinoma mammario invasivo durante la gravidanza tra gennaio 2000 e dicembre 2020 e che presentavano una variante patogenetica o probabilmente patogenetica dei geni BRCA1 o BRCA2. Sono state escluse le donne con una storia di carcinoma ovarico o altre neoplasie, così come quelle a cui era stato diagnosticato un carcinoma mammario de novo in stadio IV e con una diagnosi di tumore dopo il parto.

I nuovi dati

Tra le 282 portatrici di varianti BRCA nella coorte a cui era stato diagnosticato un tumore al seno durante la gravidanza, 68 (24,1%) avevano avuto un’altra gravidanza nei 7 anni successivi. Queste pazienti erano più giovani alla diagnosi (in media 31 anni) rispetto alle 214 pazienti senza una gravidanza successiva, che avevano un’età mediana di 34 anni alla diagnosi.

La sopravvivenza libera da malattia non è risultata significativamente diversa per le donne che hanno avuto una gravidanza successiva rispetto a quelle che non ne hanno avute una, dopo aver considerato fattori come la specifica variante BRCA, l’anno e l’età alla diagnosi e lo stato dei recettori ormonali. Anche la sopravvivenza globale è risultata simile nelle donne con una gravidanza successiva rispetto a quelle senza.

«Sebbene non vi fossero evidenti preoccupazioni riguardo agli esiti materni durante i 7 anni mediani di follow-up e i tassi di parto pretermine e anomalie congenite fossero simili a quelli della popolazione generale, la maggior parte delle pazienti (80%) aveva un tumore con recettori ormonali negativi (HR−) – ha fatto notare Stefano Spinaci, chirurgo senologo dell’Ospedale Villa Scassi ASL3 di Genova, oltre che uno degli autori dello studio -. Inoltre, lo studio non ha incluso dati sull’effetto dei trattamenti più recenti, come olaparib e pembrolizumab».

L’importanza della consulenza riproduttiva

I nuovi dati dimostrano che la gravidanza dopo il tumore al seno, anche quando diagnosticato durante una precedente gravidanza in donne portatrici di varianti patogenetiche dei geni BRCA, è sicura, ma un’attenta pianificazione è essenziale, soprattutto in caso di tumore positivo ai recettori ormonali.

«Dobbiamo incoraggiare i medici a offrire una consulenza riproduttiva personalizzata e multidisciplinare a tutte le giovani donne a cui viene diagnosticato un tumore al seno, a partire dal momento della diagnosi» ha sottolineato infine Spinaci.

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