Realizzato primo reimpianto di tessuto ovarico con chirurgia robotica

Grazie all’intervento una giovane donna, guarita da un tumore, torna fertile dopo la diagnosi di menopausa precoce. Il traguardo è stato raggiunto all’Istituto Regina Elena di Roma e annunciato in occasione dell’evento “Oncofertilità: cure che proteggono il futuro”

Durante il recente evento “Oncofertilità: cure che proteggono il futuro”, organizzato all’Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena (IRE) di Roma in occasione della Giornata mondiale per la sicurezza delle cure e della persona assistita, sono stati segnalati i risultati del primo reimpianto di tessuto ovarico realizzato con tecnica robotica a singolo accesso in una paziente oncologica. La giovane donna in menopausa precoce, dopo aver superato un tumore, ha ripreso il ciclo mestruale a quattro mesi dall’intervento di reimpianto. L’importante traguardo, che rappresenta una svolta internazionale nell’oncofertilità, è stato raggiunto all’IRE dall’equipe di chirurghi di Enrico Vizza, direttore della UOC di Ginecologia Oncologica e del Centro di Oncofertilità IFO.

Oncofertilità e chirurgia robotica

La chirurgia robotica permette una visione tridimensionale ingrandita, simile a quella di un microscopio, senza problemi di tremore. Nel caso del reimpianto di tessuto ovarico, il chirurgo può osservare dettagli poco visibili a occhio nudo e individuare con precisione le aree più vascolarizzate in cui collocare i frammenti di tessuto da impiantare, accedendo dall’ombelico con una unica incisione di pochi centimetri.

«La chirurgia robotica a singolo accesso ci consente di unire rapidità, precisione e minore impatto sui tessuti – segnala Enrico Vizza –. Lavoriamo su frammenti di pochi millimetri come se stessimo scrivendo con una penna, ma in un campo visivo ingrandito che ci permette di preservare al meglio la vitalità del tessuto. Questo significa aumentare le chance di successo per le pazienti che hanno già affrontato un percorso oncologico e restituire loro la prospettiva di diventare madri».

L’intervento sulla giovane paziente

Nella giovane donna operata all’IRE, l’impiego della chirurgia robotica 3D di ultima generazione a singolo accesso ha permesso di reimpiantare circa 25 frammenti di tessuto ovarico, ciascuno di pochi millimetri, con tempi dimezzati rispetto alla laparoscopia tradizionale. Un’operazione che in passato richiedeva più di una ora di intervento minuzioso è stata completata in circa 30 minuti, cosa che può fare la differenza. Il tempo ridotto di permanenza del tessuto fuori dall’organismo limita infatti lo stress ischemico e termico, aumentando la probabilità di attecchimento e di ripresa della funzione ormonale e riproduttiva.

La rete interaziandale

Il nuovo traguardo è stato reso possibile anche grazie a un modello di rete interaziendale unico in Italia, che vede il Regina Elena collaborare con il Policlinico Gemelli, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, l’Ospedale S. Pertini e l’ASL Roma 1. Grazie a protocolli condivisi e alla formazione garantita dagli esperti IRE, le pazienti non devono spostarsi da un ospedale all’altro: l’espianto del tessuto ovarico avviene nella stessa struttura in cui vengono curate per il tumore e viene poi trasferito alla Banca del Tessuto Ovarico e Cellule Germinali dell’IFO, unica nella Regione Lazio certificata dal Centro Nazionale Trapianti. Questo garantisce continuità di cura, prossimità e una presa in carico totale in un momento di grande fragilità, permettendo alle pazienti di sentirsi sempre seguite nello stesso percorso assistenziale.

Il successo dell’intervento di reimpianto conferma inoltre il ruolo di eccellenza del Centro per la tutela dell’Oncofertilità IFO. Dalla sua nascita nel 2018, circa 400 giovani donne hanno avuto colloqui di counseling, oltre 100 hanno effettuato il prelievo e la crioconservazione del tessuto ovarico, la percentuale di gravidanza dopo reimpianto si attesta intorno al 30%, mentre la ripresa della funzionalità ovarica è riportata nel 90-100% dei casi.

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